Cari fratelli e sorelle, con questa celebrazione vespertina, il
Signore ci dona la grazia e la gioia di aprire il nuovo
Anno Liturgico iniziando dalla sua prima tappa: l’Avvento,
il periodo che fa memoria della venuta di Dio fra noi. Ogni inizio porta
in sé una grazia particolare, perché benedetto dal Signore. In
questo Avvento ci sarà dato, ancora una volta, di fare esperienza
della vicinanza di Colui che ha creato il mondo, che orienta la storia e
che si è preso cura di noi giungendo fino al culmine della sua
condiscendenza con il farsi uomo. Proprio il mistero grande e
affascinante del Dio con noi, anzi del Dio che si fa uno di noi, è
quanto celebreremo nelle prossime settimane camminando verso il santo
Natale. Durante il tempo di
Avvento sentiremo la Chiesa che ci prende per mano e, ad immagine di
Maria Santissima, esprime la sua maternità facendoci sperimentare
l’attesa gioiosa della venuta del Signore, che tutti ci abbraccia nel
suo amore che salva e consola.
Mentre i nostri cuori si protendono verso la celebrazione annuale della
nascita di Cristo, la liturgia della Chiesa orienta il nostro sguardo
alla meta definitiva: l’incontro con il Signore che verrà nello
splendore della sua gloria. Per questo noi che, in ogni Eucaristia,
“annunciamo la sua morte, proclamiamo la sua risurrezione nell’attesa
della sua venuta”, vigiliamo in preghiera. La liturgia non si stanca di
incoraggiarci e di sostenerci, ponendo sulle nostre labbra, nei giorni
di
Avvento, il grido con il quale si chiude l’intera Sacra Scrittura,
nell’ultima pagina dell’Apocalisse di san Giovanni: “Vieni, Signore
Gesù!” (22,20).
Cari fratelli e sorelle, il nostro radunarci questa sera per iniziare il
cammino di
Avvento si arricchisce di un altro importante motivo: con tutta la
Chiesa, vogliamo celebrare solennemente una veglia di preghiera per la
vita nascente. Desidero esprimere il mio ringraziamento a tutti coloro
che hanno aderito a questo invito e a quanti si dedicano in modo
specifico ad accogliere e custodire la vita umana nelle diverse
situazioni di fragilità, in particolare ai suoi inizi e nei suoi primi
passi. Proprio l’inizio
dell’Anno Liturgico ci fa vivere nuovamente l’attesa di Dio che si
fa carne nel grembo della Vergine Maria, di Dio che si fa piccolo,
diventa bambino; ci parla della venuta di un Dio vicino, che ha voluto
ripercorrere la vita dell’uomo, fin dagli inizi, e questo per salvarla
totalmente, in pienezza. E così il mistero dell’Incarnazione del Signore
e l’inizio della vita umana sono intimamente e armonicamente connessi
tra loro entro l’unico disegno salvifico di Dio, Signore della vita di
tutti e di ciascuno. L’Incarnazione ci rivela con intensa luce e in modo
sorprendente che ogni vita umana ha una dignità altissima,
incomparabile.
L’uomo presenta un’originalità inconfondibile rispetto a tutti gli altri
esseri viventi che popolano la terra. Si presenta come soggetto unico e
singolare, dotato di intelligenza e volontà libera, oltre che composto
di realtà materiale. Vive simultaneamente e inscindibilmente nella
dimensione spirituale e nella dimensione corporea. Lo suggerisce anche
il testo della Prima Lettera ai Tessalonicesi che è stato
proclamato: “Il Dio della pace – scrive san Paolo – vi santifichi
interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si
conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo”
(5,23). Siamo dunque spirito, anima e corpo. Siamo parte di questo
mondo, legati alle possibilità e ai limiti della condizione materiale;
nello stesso tempo siamo aperti su un orizzonte infinito, capaci di
dialogare con Dio e di accoglierlo in noi. Operiamo nelle realtà terrene
e attraverso di esse possiamo percepire la presenza di Dio e tendere a
Lui, verità, bontà e bellezza assoluta. Assaporiamo frammenti di vita e
di felicità e aneliamo alla pienezza totale.
Dio ci ama in modo profondo, totale, senza distinzioni; ci chiama
all’amicizia con Lui; ci rende partecipi di una realtà al di sopra di
ogni immaginazione e di ogni pensiero e parola: la sua stessa vita
divina. Con commozione e gratitudine prendiamo coscienza del valore,
della dignità incomparabile di ogni persona umana e della grande
responsabilità che abbiamo verso tutti. “Cristo, che è il nuovo Adamo –
afferma il
Concilio Vaticano II – proprio rivelando il mistero del Padre e del
suo amore, svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la
sua altissima vocazione ... Con la sua incarnazione il Figlio di Dio si
è unito in certo modo ad ogni uomo” (Cost.
Gaudium et spes, 22).
Credere in Gesù Cristo comporta anche avere uno sguardo nuovo sull’uomo,
uno sguardo di fiducia, di speranza. Del resto l’esperienza stessa e la
retta ragione attestano che l’essere umano è un soggetto capace di
intendere e di volere, autocosciente e libero, irripetibile e
insostituibile, vertice di tutte le realtà terrene, che esige di essere
riconosciuto come valore in se stesso e merita di essere accolto sempre
con rispetto e amore. Egli ha il diritto di non essere trattato come un
oggetto da possedere o come una cosa che si può manipolare a piacimento,
di non essere ridotto a puro strumento a vantaggio di altri e dei loro
interessi. La persona è un bene in se stessa e occorre cercare sempre il
suo sviluppo integrale. L’amore verso tutti, poi, se è sincero, tende
spontaneamente a diventare attenzione preferenziale per i più deboli e i
più poveri. Su questa linea si colloca la sollecitudine della Chiesa per
la vita nascente, la più fragile, la più minacciata dall’egoismo degli
adulti e dall’oscuramento delle coscienze. La Chiesa continuamente
ribadisce quanto ha dichiarato il
Concilio Vaticano II contro l’aborto e ogni violazione della vita
nascente:“La vita, una volta concepita, deve essere protetta con
la massima cura” (ibid., n. 51).
Ci sono tendenze culturali che cercano di anestetizzare le coscienze con
motivazioni pretestuose. Riguardo all’embrione nel grembo materno, la
scienza stessa ne mette in evidenza l’autonomia capace d’interazione con
la madre, il coordinamento dei processi biologici, la continuità dello
sviluppo, la crescente complessità dell’organismo. Non si tratta di un
cumulo di materiale biologico, ma di un nuovo essere vivente, dinamico e
meravigliosamente ordinato, un nuovo individuo della specie umana. Così
è stato Gesù nel grembo di Maria; così è stato per ognuno di noi, nel
grembo della madre. Con l’antico autore cristiano Tertulliano possiamo
affermare: “E’ già un uomo colui che lo sarà” (Apologetico, IX,
8); non c’è alcuna ragione per non considerarlo persona fin dal
concepimento.
Purtroppo, anche dopo la nascita, la vita dei bambini continua ad essere
esposta all’abbandono, alla fame, alla miseria, alla malattia, agli
abusi, alla violenza, allo sfruttamento. Le molteplici violazioni dei
loro diritti che si commettono nel mondo feriscono dolorosamente la
coscienza di ogni uomo di buona volontà. Davanti al triste panorama
delle ingiustizie commesse contro la vita dell’uomo, prima e dopo la
nascita, faccio mio l’appassionato appello del Papa
Giovanni Paolo II alla responsabilità di tutti e di ciascuno:
“Rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana! Solo su questa
strada troverai giustizia, sviluppo, libertà vera, pace e felicità” (Enc.
Evangelium vitae, 5). Esorto i protagonisti della politica,
dell’economia e della comunicazione sociale a fare quanto è nelle loro
possibilità, per promuovere una cultura sempre rispettosa della vita
umana, per procurare condizioni favorevoli e reti di sostegno
all’accoglienza e allo sviluppo di essa.
Alla Vergine Maria, che ha accolto il Figlio di Dio fatto uomo con la
sua fede, con il suo grembo materno, con la cura premurosa, con
l’accompagnamento solidale e vibrante di amore, affidiamo la preghiera e
l’impegno a favore della vita nascente. Lo facciamo nella liturgia - che
è il luogo dove viviamo la verità e dove la verità vive con noi -
adorando la divina Eucaristia, in cui contempliamo il Corpo di Cristo,
quel Corpo che prese carne da Maria per opera dello Spirito Santo, e da
lei nacque a Betlemme, per la nostra salvezza. Ave, verum Corpus,
natum de Maria Virgine! Amen.